Licenziamenti nelle piccole imprese: il calcolo dell’indennità di risarcimento

Mentre l’Italia era piegata dal caldo, con la sentenza n. 183 del 22 luglio scorso la Corte di Cassazione ha acceso una rilevante discussione esternando la necessità di una riforma del Jobs Act al suo articolo 9 comma 1, ovvero in ordine alla misura dell’indennità per licenziamento illegittimo quando questo ha luogo in una piccola impresa. La centralità della garanzia di tutele adeguate viene giustificata dalla “connessione con i diritti della persona del lavoratore e per le sue ripercussioni sul sistema economico complessivo”.
 
Cosa ci dice la Consulta sul calcolo dell’indennità?
La questione principale riguarda l’importo. Attualmente, quando un lavoratore di una piccola azienda – ovvero entro i 15 dipendenti – viene licenziato l’indennità risarcitoria prevista è compresa tra le tre e sei mensilità di retribuzione. 
La Corte afferma che continuare a collegare la misura dell’indennità alla sola dimensione dell’azienda non è più attuale perché:
in un quadro dominato dall’incessante evoluzione della tecnologia e dalla trasformazione dei processi produttivi, al contenuto numero di occupati possono fare riscontro cospicui investimenti in capitali e un consistente volume di affari. Il criterio incentrato sul solo numero degli occupati non risponde, dunque, all’esigenza di non gravare di costi sproporzionati realtà produttive e organizzative che siano effettivamente inidonee a sostenerli”.
 
Perché la Corte invita alla revisione del criterio di quantificazione dell’indennità? 
Perché l’attuale meccanismo di calcolo non considera che “un’indennità costretta entro l’esiguo divario tra un minimo di tre e un massimo di sei mensilità vanifica l’esigenza di adeguarne l’importo alla specificità di ogni singola vicenda”.

 

 

È giusto che piccole e grandi aziende abbiano lo stesso meccanismo in caso di licenziamento illegittimo?
La Consulta ci sta dicendo che se l’indennità nelle piccole aziende non dipendesse dal regime speciale attuale ma fosse equiparata a quella delle grandi realtà con importi legati a un numero di mensilità più ampio – da 6 a 36 – i licenziamenti sarebbero più ponderati anche perché, come la Corte lascia intendere, non necessariamente un’azienda con un esiguo numero di dipendenti genera un piccolo fatturato.
Tuttavia, nel contesto produttivo attuale nel quale il numero dei dipendenti è ancora un parametro significativo e soprattutto in un momento storico difficile per la sopravvivenza di molte realtà, la diversificazione dei regimi sembra ancora conservare un suo significato; basti pensare che, per un singolo licenziamento illegittimo, il calcolo dell’indennità ricompreso tra 6 e 36 mensilità – invece che tra 3 e 6 – potrebbe compromettere la continuazione di molte piccole attività produttive travolgendo l’intera forza lavoro in esse occupata. 
 

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